UN PERCORSO: DALLE ORIGINI, AL VERO E FALSO SÉ
“Di dove sono venuto? Di dove mi hai preso?”
Mezzo piangendo, mezzo ridendo, rispose stringendosi il bambino al seno:
“ Tu eri nascosto nel mio cuore come un desiderio, amore mio.
Tu eri nelle bambole dei miei giochi infantili…eri tu che vivevi…
Quando osservo il tuo visino il mistero mi vince e mi sommerge…
Per timore di perderti ti prendo e ti stringo forte al mio petto…” (Tagore)
Vorrei iniziare a tessere il filo di un discorso che sicuramente parte un po’ da lontano,da quelle che secondo me sono le origini o presunte origini, all’interno del mio discorso il luogo delle origini è il luogo/momento del desiderio di un bambino. “L’origine dei bambini ha luogo quando sono pensati”. Il termine origine, deriva dal latino “oriri” che significa nascere, trarre origine…… Per riuscire a comprendere meglio il Falso Sé come aspetto che non fa parte di un quadro clinico ben delineato ma che troviamo in tutti noi, con sfumature più o meno lievi, o profonde, e che troviamo sia in forme che potremmo definire più o meno patologiche, mi accingo ad affrontare un discorso molto complesso che trae le sue radici dalle prime cure materne di una nuova vita. Non posso non cominciare dai primi momenti dell’incontro tra una mamma e il suo bambino e dalla parola “devozione”, Winnicott dice che questa parola dovrebbe essere liberata dalla sua sfumatura sentimentale, per meglio coglierne l’aspetto essenziale, la madre si adatta attivamente, e con sensibilità ai bisogni del suo bambino, bisogni che all’inizio, sono assoluti. La madre non ha bisogno di essere esperta o particolarmente intelligente ci dice Winnicott. “La salute mentale è dunque il prodotto delle cure ininterrotte che permettono la continuità dello sviluppo emozionale”. La salute, nel primo sviluppo dell’individuo, implica una continuità d’esistenza. Lo sviluppo dello psiche-soma procede lungo una certa linea a condizione che la sua continuità d’esistenza non sia disturbata. L’ambiente si deve adattare attivamente ai bisogni del piccolo. Un ambiente negativo è tale perché non potendo adattarsi, esercita una pressione a cui lo psiche-soma deve reagire. Questa reazione disturba la continuità d’esistenza del bambino. Il bisogno di un buon ambiente, che, all’inizio, è assoluto, diventa rapidamente relativo. Winnicott aggiunge che questo orientamento particolare da parte della madre verso il figlio non dipende solo dalla sua salute mentale, ma è anche influenzato dall’ambiente…l’uomo le permette di essere temporaneamente ritirata e concentrata in se stessa. Winnicott dice che “la madre non sufficientemente buona non è in grado di rendere effettiva l’onnipotenza del bambino e non smette dunque di venirgli meno invece di rispondere al suo gesto. Al suo posto vi sostituisce il proprio, che non avrà senso se non attraverso la sottomissione del bambino., il bambino viene indotto ad essere compiacente ed un Falso Sé condiscendente reagisce alle richieste ambientali e l’infante sembra accettarle….crescendo e diventando bambino, diventa proprio come la madre, la balia,la zia o qualsiasi persona che in quel momento domini la scena. Il bambino che ha avuto una madre sufficientemente buona può ora cominciare a godere l’illusione del a creazione e del controllo onnipotente per poi giungere gradualmente a riconoscere l’elemento illusorio, il fatto di giocare e di immaginare”
1 Specializzanda c.i.Ps.Ps.i.a, Scuola di Specializzazione di Psicoterapia Psicoanalitica2 Winnicott D.W. L’intelletto e il suo rapporto con lo psiche-soma in “Dalla pediatria alla psicoanalisi” Martinelli Firenze
Un percorso: dalle origini, al vero e falso sé. Novembre 2003 Dott.ssa Ballanti Chiara
La madre, Winnicott la chiama sufficientemente buona e non immensamente o potentemente buona, nel senso che la madre coglie i bisogni del suo bambino ma non anticipando il soddisfacimento del bisogno affinché il bambino senta la mancanza, ma non ritardandone troppo l’accoglimento affinché quella mancanza, quell’attesa non si trasformi in una perdita. Lo stile materno di risposta ai bisogni del bambino è legato alla capacità della madre di uscire gradualmente dalla fusione con il bambino e di dare una frustrazione minima che dovrà sempre accompagnarsi alla possibilità di quel bambino di tollerare la frustrazione, tolleranza che aumenterà con la crescita. Questo processo corrisponde al dare la realtà al bambino. Nel periodo di massima fusionalità il seno era vissuto dal bambino come propria creazione, nell’ambito di un’illusione onnipotente del bambino. La conseguente disillusione è data proprio dall’incontro con la realtà esterna, questo permette al bambino di superare la fase dell’onnipotenza attraverso il riconoscimento della madre come esterna e separata da sé. Crocetti ci parla dell’ambiente culla. L’adulto allevante ha bisogno di essere rassicurato e protetto, ma al contempo necessita di un contesto che lo stimoli a tirar fuori le sue potenzialità e capacità genitoriali. Analogamente il neonato dipende strettamente dagli altri, ma è fin da subito un “soggetto sociale”,un neonato con specifiche motivazioni e abilità che gli consentono di entrare attivamente in relazione con gli altri, dai quali attende adeguate risposte. “L’essere umano ha necessità di un ambiente fisico e mentale che consenta il movimento, quell’altalenare mentale tra posizioni estreme…La vita psichica come quel a somatica del feto e del neonato è nello spazio intermedio, al e posizioni estreme di dipendenza e di autonomia e l’esperienza è l’acquisizione, nel movimento, della concretezza fattuale del proprio progetto personale, che prevede una convivenza ambivalente di aspetti propri del a dipendenza con altri propri del ’autonomia…Ognuno è tutto questo e non l’esemplificazione estrema di un aspetto di tutto questo: è autonomia e dipendenza” (Crocetti). “L’ambiente culla familiare assicura al bambino, infatti la continuità con l’esperienza intrauterina, in cui veniva ritmicamente cullato dai normali movimenti del corpo della madre”
Un bambino nasce, ed è “un già fatto umano, aperto al non ancora di sé” e come qualunque cosa umana fatta dall’uomo ha in sé potenzialità, ma anche limiti, impedimenti, anche difetti. Il bambino appena nato è la derivazione dell’incontro tra due persone, tra due storie, tra due tradizioni, quella del padre e della madre che si incontrano, si coniugano tra di loro. Quel già fatto umano, che è il neonato, non è il luogo della possibilità assoluta. È importante cioè vedere il bambino per le potenzialità che ha ma anche per i limiti e i difetti che possiede, questo è il Vero Sé del bambino. Scrive Winnicott: “Mi trovo ad avere scritto che per me il Sé, che non è l’Io, è la persona che è me stesso, che è soltanto me, che ha la sua totalità basata sull’operazione del processo maturativo. Al tempo stesso il Sé ha del e parti e in effetti è costituito da esse. Queste parti si aggregano in una direzione interno-esterno, nel corso del ’operazione del processo maturativo, aiutato come deve essere (specialmente all’inizio) dall’ambiente umano che contiene e manipola e che facilita in modo vitale. Il Sé si ritrova naturalmente collocato nel corpo. Il Sé essenzialmente si riconosce negli occhi della madre e nel ’espressione del suo volto e nello specchio che può arrivare a rappresentare la faccia del a madre” . “Tutti gli organi di senso sono come delle boccucce aperte nei confronti del ’ambiente-madre e il bambino assorbe tutto quello che gli viene comunicato attraverso il contatto sensoriale, lo assorbe e lo include”. (Guido Crocetti
3 Winnicott D.W. La distorsione dell’Io in rapporto al vero ed al falso Sé in “Sviluppo affettivo e ambiente” Armando Editore4 Agosta R. Lo psicologo nella scuola incontri C.i.Ps.Ps.i.a. anno 20025 Crocetti G. Legami imperfetti Armando editore6 Crocetti G. Seminario su Winnicott C.i.Ps.Ps.i.a. anno 20027 Winnicott D.W. I bambini e le loro madri Raffaello Cortina Editore 8 Crocetti G. Seminario su Winnicott C.i.Ps.Ps.i.a. anno 2002
Un percorso: dalle origini, al vero e falso sé. Novembre 2003 Dott.ssa Ballanti Chiara
“Una tempesta minacciosa. La luce prende un bagliore metallico. Pezzi di cielo volano in tutte le direzioni. …Il mondo sembra disintegrarsi. Sta per succedere qualcosa. Il disagio aumenta. Si espande dal centro e si trasforma in dolore. È al centro che la tempesta si scatena. È nel nucleo profondo che guadagna forza, fino a trasformarsi in ondate pulsanti. Queste ondate sospingono fuori il dolore per poi ritrarlo. La marea pulsante cresce fino a dominare l’intero universo. Il mondo ulula… a un tratto il mondo si raccoglie. Diventa più piccolo, placido e dolce. Quel guscio protettivo allontana le vaste distese vuote. Tutto si trasforma. Affiora una vaga promessa…da qualche parte, tra i confini e il centro stesso della tempesta, un’attrazione magnetica richiama a sé le cose. Due calamite si cercano, si toccano,per poi saldarsi strettamente. Nel punto di contatto, inizia un nuovo ritmo veloce. Cavalca le lente ondate pulsanti della tempesta. Ad ogni pulsazione una corrente fluisce verso il centro. La corrente riscalda il ghiaccio. Raffredda il fuoco. Il nuovo ritmo assume un andamento placido e lento. Il resto del mondo si rilassa e segue la sua scia. La tempesta è passata. I venti si sono acquietati. Il cielo è sereno”. (Daniel Ster)
In una visione un po’ poetica ciò, è quello che potrebbe sentire e percepire il neonato di fronte come in questo caso allo stimolo della fame…la madre sufficientemente buona va incontro al bisogno del suo bambino e fa questo più e più volte e dà al bambino fin dalla nascita un ambiente che ha due caratteristiche fondamentali che sono la stabilità e la continuità. L’ambiente è fornito dalla madre, o meglio dalla coppia madre. Ripensando ai versi quasi poetici, del nostro bimbo immaginario si può ben cogliere come la fame sia un’esperienza sconvolgente, uno stimolo potente che comincia debolmente per poi crescere in fretta. Tutto vi resta coinvolto: i movimenti, il respiro, l’attenzione, le emozioni, le percezioni. I movimenti scomposti del piccolo, contribuiscono a caratterizzare questa fase caotica di disagio, in cui gambe e braccia non si muovono in sincronia reciproca, né col pianto, né col respiro e per lui il mondo che “sembra disintegrarsi” riflette un profondo sconvolgimento interiore, una sensazione diffusa e indistinta. Il pianto agisce da richiamo per la mamma che prima di dare il seno al suo bimbo introduce tanti elementi nel suo mondo: il suono, il tocco, il movimento, il cambio di posizione, sono loro che formano “il guscio protettivo” come ci “diceva” il nostro piccolo bimbo immaginario. È la preoccupazione materna primaria di cui parla Winnicott. È una dote che ogni madre possiede, lei intuisce regressivamente i bisogni del bambino e nel momento in cui intuisce quel bisogno se ne preoccupa, in quel “preoccupa” c’è una tensione progettuale enorme: non è che si “preoccupi prima” per soddisfare il bisogno del bambino e basta, ma in quel “preoccupa” c’è la madre che si “occupa prima” ,in quel “pre” c’è tutta l’area del desiderio. …la madre attraversa una fase di “follia normale” tale è l’intensificazione del dono di sé e della preoccupazione per un altro. Winnicott differenzia tra curare e prendersi cura, posso curare tutti i bisogni del bambino, bisogno di pulizia, di nutrimento,ecc…ma non è nel curare il bambino che la madre gli dà la spinta vitale, l’energia vitale, ma è in tutto quello che la madre fa prima di dargli da mangiare che c’è la tensione desiderante e quindi lo stimolo, il nutrimento per l’area psichica del bambino, mentre il cibo che la madre gli dà nutre il corpo e soddisfa il bisogno fisiologico di cibo, la preoccupazione, tutto ciò che c’è prima del momento del pasto, cioè il modo in cui la madre si prepara a dare il capezzolo o la pappa, lì c’è il desiderio ed è quello il nutrimento per la struttura psichica del bambino. La mamma intuisce se il bambino ha fame, ha sete, se il pianto è di dolore, di stanchezza, lei intuisce ed entra in relazione, è questa l’intuizione empatica.
Dicevo precedentemente che la madre dà come dice Stern il contatto, il tocco, Winnicott parlerebbe di handling che ha a che fare con il toccare, il carezzare, la madre tocca, accarezza il proprio bimbo, e la madre tiene il bambino (holding). Inoltre ci dice che la madre guarda il bambino che tiene in braccio, il piccolo guarda la madre in volto e vi si ritrova…a patto che la madre guardi davvero quell’esserino
9 Stern D. Diario di un bambino Mondadori
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indifeso nella sua unicità, e non osservi invece le proprie attese e paure, i progetti che imbastisce per il figlio, che proietta su di lui. In questo caso nel volto della madre il bambino non troverà sé stesso, ma le esigenze della madre. Rimarrà allora senza specchio e per tutta la vita continuerà invano a cercarlo. Il bambino appena nato possiede potenzialità innate per la costruzione del Vero Sé. Perché il Vero Sé, cioè le potenzialità, si sviluppino, è necessario che vi sia un ambiente facilitante, familiare, scolastico, sociale. Non si parla solo di potenzialità mentali, ma come possibilità di poter essere, di essere qualunque cosa si voglia. Perché questo si realizzi è necessario che nella relazione coppia madre- bambino ci siano ampi spazi liberi da conflitto, dove la relazione è elastica, dove i movimenti di indirizzo genitoriale non costringano il bambino ma lo sostengono, dove vi è rispetto per i movimenti del bambino. Il Vero Sé è un ideale umano, un sogno, per arrivare a maturare un proprio stile di relazione, anche nel lavoro e soprattutto nel nostro lavoro, arrivare ad indossare il proprio vestito. Il bambino ha delle potenzialità e molte di quelle che potrà realizzare dipendono dal rapporto e dall’atteggiamento che i genitori avranno nei suoi confronti. Dice Selma Fraiberg che “al a nascita del bambino ci si mette a fare previsioni, nel bene e nel male…sono le cosiddette fate che gironzolano intorno alla culla, siano nonne o puerpere, possono vedere le cose tinte di rosa o di nero…”
I genitori fin da quando il bambino è nato gli danno due cose: intenzioni e qualità, attributi, ad esempio: “…guarda che gambotte diventerà un calciatore, guarda le manine diventerà un pianista, ecc. ” e un genitore sano è quello che trasmette al bambino non intenzioni e attribuzioni rigide, ma movimenti desideranti “Mi piacerebbe che mio figlio…fosse…”quest’attivazione desiderante stimola nel bambino quelle potenzialità che sono tutte sue e io le rispetto, le sostengo. Quando queste attribuzioni sono molto rigide e coercitive impediscono alle potenzialità del bambino di esprimersi, e più sono coercitive più il bambino invece di manifestare un Vero Sé andrà verso un Falso Sé, una maschera e diventerà altro rispetto a quello che sarebbe diventato se avesse dato credito alle sue potenzialità, se ho delle aspettative così rigide il bambino si sente di dover fare tutto per aderire a quell’aspettativa perché il terrore è di perdere l’amore dei genitori, e il bambino attiva la compiacenza che è una difesa per tenersi in piedi, questo è il Falso Sé. Sono tanti gli esempi di bambini “iperdotati” che ipertrofizzano alcune funzioni, diventano bravissimi in certi settori, ma non perché hanno in sé delle qualità speciali ma perché quello è il campo di lavoro in cui sono stati inclusi fin da subito. Mi si consenta a questo punto l’apertura di una piccola parentesi.
Ascoltare la musica di Mozart è qualcosa di straordinario, è stato sicuramente un grande musicista e compositore, ma leggendo della sua vita credo che la sua infanzia sia ricca di privazioni in alcune aree e di “attribuzioni e intenzioni rigide”, leggevo che il padre era un uomo estremamente ambizioso, fece di tutto per fare di suo figlio un musicista di successo, aveva pochissime opportunità di giocare all’aperto o di fare amicizia con altri bambini. Fin dalla più tenera età fu sottoposto a migliaia di ore di esercizio sotto la guida vigile del padre, che dedicava la maggior parte del tempo a fare del suo meglio, per trasformare il figlio in un grande musicista. Oggi noi godiamo della meravigliosa musica di Mozart, sicuramente egli è stato un musicista molto creativo, ma mi domando alla luce di questo dialogo, quanto sono stati desideranti i movimenti del padre? E quanto invece sono stati movimenti rigidi e coercitivi? A discapito semmai di altre aree che purtroppo non sono state investite come l’area del gioco condiviso ad esempio o semplicemente il non essere stato un bambino ma un piccolo adulto “addestrato” ad esibirsi in tutta Europa senza rispetto per il suo essere un bambino con tante altre potenzialità. Io naturalmente non conosco bene la vita di Mozart le mie forse sono ipotesi un po’ azzardate.
Gli esseri umani sono tutti dei Falsi Sé, perché siamo tutti, in qualche modo, naturalmente condizionati dalla cultura in cui viviamo, il trucco, il mascheramento che ognuno di noi adotta tutte le mattine, quel mascheramento è a protezione del Vero Sé, cioè dell’autostima e di ciò che di sé si vuole proteggere. Ci
10 Fraiberg S. Il sostegno allo sviluppo Raffaello Cortina Editore
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può essere poi un’organizzazione estrema del Falso Sé, il cosiddetto Falso Sé psicotico, è il bambino autistico ad esempio. Il Falso Sé diventa patologico quando è talmente coercitivo ciò che l’ambiente ci ha indotto a fare, che perdo di vista le mie potenzialità, non riesco a coniugare le mie richieste con quelle degli adulti che mi stanno intorno, per cui mi ritrovo a suonare il pianoforte invece di fare lo scultore. Sarò un pianista con un Falso Sé, con potenzialità non pienamente sviluppate, ma condizionate. I bambini con un falso Sé patologico sono bambini burattini, piccoli robot, non si attivano, non si coinvolgono con nessun giocattolo. Il Falso Sé per Winnicott è ciò che deriva dalle intrusioni ambientali, dalle frustrazioni nei confronti delle quali il bambino si difende, si protegge, tutte le angosce sono dovute alla condizione di non integrazione del Sé del bambino: questo produce difese massicce che servono per proteggersi da angosce psicotiche e organizzano e strutturano il Falso Sé. Ogni condizione di sofferenza che il bambino sperimenta è dovuta alle risposte dell’ambiente, che può facilitare o ostacolare la crescita. Il Falso Sé più diffuso nell’infanzia è quel Falso Sé che porta il bambino ad agire in conformità con le richieste ambientali. Abbiamo così il bambino compiacente. La compiacenza è una difesa che il bambino adotta per essere visto, per esistere nelle relazioni con gli adulti produce danni molto pesanti perché porta ad un tradimento degli istinti e delle pulsioni. La persona subirà un danno nell’area del soddisfacimento del bisogno di intimità, avrà difficoltà a concedersi regressioni, ad affidarsi. Secondo Winnicott è proprio nella regressione che l’individuo recupera le potenzialità incluse nel Vero Sé. Freud diceva che un bambino molto celebrato come presenza dalla mamma, goduto nelle sue scoperte, diventa un genio, mentre un bambino incluso nei bisogni materni diventa bloccato. L’amore materno adulto vero, è quello per cui la madre ama il proprio bambino nei movimenti di separazione da lei. Alice Milleruna psicoanalista svizzera, sostiene che il bambino che ha la fortuna di crescere con una madre capace di rispecchiarlo e che si mette al servizio della funzione di crescita del figlio può consentire al bambino di vivere i propri sentimenti… può essere triste, disperato, avere bisogno d’aiuto, senza temere per questo di aver reso insicuro qualcun altro. Gli è consentito di spaventarsi se è minacciato, può diventare cattivo se non riesce a soddisfare i propri desideri. Sa non solo quello che non vuole, ma anche quello che vuole, e può esprimerlo, senza preoccuparsi di venire amato o odiato per questo. Alice Miller si è molto occupata della ricerca del Vero sé nel cosiddetto bambino dotato, del bambino che è l’orgoglio dei genitori, il suo dramma ha origine nella sua capacità di cogliere i bisogni inconsci dei genitori e di adattarvisi, mettendo a tacere i suoi sentimenti più spontanei (la rabbia, l’indignazione, la paura, l’invidia) che risultano inaccettabili ai “grandi”. In tal modo viene soffocato lo sviluppo della personalità più autentica. Se facciamo un passo indietro ai primi momenti di vita del bambino ci si può chiedere che cosa capita quando la madre non è in grado di indovinare o meglio di intuire i bisogni del figlio, ma presenta anche lei carenze affettive? In tal caso cercherà di soddisfare i propri bisogni personali servendosi del bambino, anche se questo non esclude un forte legame affettivo. Al bambino manca lo spazio in cui potrebbe viver i suoi sentimenti e le sue sensazioni. Il bambino sviluppa allora quegli atteggiamenti di cui la madre ha bisogno, atteggiamenti che al momento gli salvano la vita (ossia gli assicurano l’ “amore” del padre o della madre) ma che alla lunga gli impediranno di essere sé stesso. In tal caso i bisogni naturali tipici dell’età del bambino non vengono integrati nella personalità, ma vengono scissi o rimossi.
Nella lunga esperienza di Alice Miller essa afferma come queste madri erano spesso depresse e consideravano il bambino (spesso figlio unico o primogenito) come una loro proprietà. Il periodo del post-partum per la sua complessità e intensità rende necessario il sostegno continuo e non intrusivo sia della struttura ospedaliera sia del contesto parentale, per favorire l’incontro madre-bambino ed evitare
11 Miller A. Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero Sé Bollati Boringhieri
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precoci “malintesi” relazionali: la “vertigine delle origini” dà l’avvio a una traiettoria sana o patologica. (F.Monti). Dice Crocetti che quelle donne che non riescono a riemergere dalla depressione post- partum non trovano nessun referente esterno (proprio compagno) o interno (proprio padre) capace di tenerle agganciate alla realtà. Miller sostiene che la madre può ritrovare nel figlio ciò che a suo tempo non aveva ricevuto dalla propria madre: è disponibile, è controllabile, tutto concentrato su di lei, non la lascia mai, le dedica attenzione e ammirazione. Se poi pretende troppo (come un tempo aveva fatto sua madre), lei non è più indifesa, non si lascia tiranneggiare, può “educare” suo figlio a non gridare e a non disturbare. Può ottenere una buona volta rispetto e attenzione, oppure può indurlo a preoccuparsi per la sua vita e il suo benessere, cosa che i suoi genitori non avevano fatto per lei. Viene descritto dall’autrice un caso a dir poco impressionante che fa luce sull’intreccio pericoloso che queste madri tessono nei confronti dei loro figli: Barbara ora trentacinquenne riesce durante la terapia a vivere per la prima volta le angosce legate ad un episodio terribile della sua vita. Tornando a casa da scuola, all’età di dieci anni, il giorno del compleanno della mamma, la trovò in camera da pranzo, distesa sul pavimento e con gli occhi chiusi. La credette morta, e lanciò un urlo disperato. A quel punto la madre aprì gli occhi e disse, quasi in estasi: “Mi hai fatto il miglior regalo di compleanno che potessi aspettarmi: adesso so che qualcuno mi ama!” la compassione provata verso il destino infantile di sua madre le impedì per decine di anni di avvertire l’efferata crudeltà insita nel comportamento di lei. Nella terapia potè invece reagirvi in maniera adeguata, provando rabbia e indignazione….Barbara dopo un lungo cammino, poteva iniziare a capire la legittimità della sua rabbia. a poco a poco le diverse immagini contrastanti della madre si unificarono nell’immagine di una persona che, a motivo della propria debolezza, insicurezza e vulnerabilità, si era resa disponibile la figlia. Quella madre che all’esterno sembrava svolgere così bene la sua funzione materna, con la figlia era invece rimasta lei stessa bambina. La figlia, dal canto suo, aveva assunto invece un ruolo di figura comprensiva e sollecita, fino a quando non aveva scoperto nel rapporto con i propri bambini i bisogni che fino a quel momento aveva ignorato e che ora cercava di risolvere mediante il loro aiuto.
Aprendo una parentesi a proposito della depressione, Alice Miller parla di madri con carenze affettive e depresse, Mi sentirei di aggiungere che oggi soprattutto nelle grandi città, manca alla donna quel sostegno che in primis si avverte nella struttura ospedaliera che per quanto possa essere umanizzata è sempre un luogo di cura degli ammalati, spesso l’ ambiente è freddo, e odora di ospedale, la donna che ha partorito sta in ospedale al massimo 48 ore, e poi quando torna a casa a parte il marito che per motivi lavorativi non potrà starle più di tanto al suo fianco lei si può sentire sola anche perché il sostegno familiare diventa difficile a causa dei trasferimenti e della disgregazione familiare. La depressione post-partum è un fattore che agisce precocemente sul bambino orientandone il suo divenire. Naturalmente esistono molte forme di depressione post-partum, alcune con durate brevi, oppure con sintomi più o meno gravi. Ogni depressione presenta un quadro diverso che rende difficile la considerazione sistematica degli effetti. La depressione post-partum può causare diversi sintomi nel bambino ma io non mi soffermerei su questo, quanto sul rapporto che si instaura tra una madre depressa e un bimbo che cerca in ogni modo di “animarla”, non vuole essere un paradigma ma evidenziare che in bambini che hanno un Falso sé patologico che sarà più o meno profondo intercorrono certo numerosi fattori di ordine relazionale, intellettivo, sociale ma sicuramente senza cadere in facili generalizzazioni, una madre che per motivi diversi o legati al nuovo ruolo, o legati a sue pregresse depressioni, non riesce a svolgere la sua funzione materna può ed è riscontrabile in diversi casi di persone in psicoterapia far rivestire al bambino quel ruolo di “consolatore” o di adulto che deve accogliere i bisogni della madre, un bimbo così piccolo a volte di pochi mesi, potrà svolgere un compito tanto arduo? E soprattutto essere messo nella condizione di dover adattarsi ai bisogni dei genitori negando i propri?
12 Monti F. Viaggi di andata e ritorno zero-tre anni Casa Editrice Quattro Venti
Un percorso: dalle origini, al vero e falso sé. Novembre 2003 Dott.ssa Ballanti Chiara Cramer dice a proposito di un caso descritto nel suo libro “Cosa diventeranno i nostri bambini?” “…la madre sostituiva i suoi bisogni a quelli del a bambina: “Obbligava Maria ad andare verso di lei per mostrarle affetto, ma non riusciva a riconoscere i bisogni del a bambina…sua madre le chiede di darmi un bacio, cosa che non può fare, probabilmente a causa delle paure suscitate dal contatto con un estraneo, ma si sottomette producendo un simulacro d’affetto: un sorriso forzato, con un corrugamento del naso che suscita una reazione di affetto indulgente. La madre aveva un tale bisogno di una prova evidente del ’amore della figlia da volere che Maria le desse del e dimostrazioni d’affetto, tipiche di un adulto e non di un bambino…come se Maria dicesse “Sono qui per farvi piacere, ma non aspettatevi alcuna iniziativa da parte mia” una bambina di qualche mese non ha le risorse necessarie per riparare una depressione così grave come quella di sua madre e soprattutto un senso di disperazione tanto inestirpabile come quel o che lei presentava.” Dice Cramer: “Il meccanismo più importante nella costruzione del “Falso Sé” è la sostituzione. La madre (o l’adulto) impone il suo desiderio, sostituendolo a quel o del bambino. Ne consegue una trasformazione radicale del soggetto che deve distogliersi dai propri desideri (visto che sono negati e frustrati) per sostituirli con quel i degli altri (all’inizio del a madre). Vi è un orientamento dal ’interno verso l’esterno: il bambino si adatta al e pressioni esterne, alla desiderabilità sociale, in una sorta di iperinvestimento della sottomissione ai desideri altrui e impara simultaneamente a nascondere e negare i suoi bisogni, le sue pulsioni, che formano normalmente il nocciolo del “vero Sé”.
Dice Cramer: “Questo genere di persone è ben adattato, talvolta persino troppo, ma manca di profondità e autenticità. La loro identità ne risente: si tratta di persone che si lasciano sbal ottare da ogni soffio di vento, che si sottomettono al parere degli altri, che cercano di compiacere al punto di dimenticarsi di essere se stessi”
Naturalmente sono molti e differenti i livelli del Falso Sé dalla normalità alla patologia, e i fattori che concorrono allo strutturarsi di un disturbo più o meno grave sono diversi. Maria, la bimba descritta precedentemente, verso i tre anni rivelerà un altro sintomo…l’ecolalia che è un segno inquietante. Segnala il ritirarsi del soggetto nel momento in cui dovrebbe assumere il possesso del linguaggio e l’affermazione del suo Io. Il bambino si incolla così all’interlocutore divenendone la copia, rifiutando di differenziarsi. È come se Maria dicesse: “Esisto solo come tua eco!”. Si tratta di una rinuncia a esprimere la propria identità. Spesso anche all’asilo sono bimbi obbedienti, dolci, è difficile per gli addetti ai lavori scoprire in modo tempestivo questo genere di problemi poiché si tratta di una patologia di assenza e non di forme eclatanti che attirano facilmente l’attenzione come crisi, aggressività o sintomi fisici. Sono a volte bambini “non visti” “bravi bambini” che a volte ho osservato alla scuola materna. “…è difficile trovare un nome, un termine diagnostico per indicare tutto questo… forse parlerei di insufficienza d’essere, o svuotamento d’identità, o ancora esistenza in eco…” (Cramer). Il caso di Maria era veramente grave, proprio perché tantissimi fattori patogeni hanno influenzato negativamente lo sviluppo sia emotivo che cognitivo della bimba.
L’adattamento ai bisogni dei genitori conduce spesso (ma non sempre) allo sviluppo della personalità “come se” ovvero a ciò che si definisce un Falso Sé. L’individuo sviluppa un atteggiamento in cui si limita ad apparire come ci si aspetta che debba essere, e si identifica totalmente con i sentimenti che mostra. Il suo Vero Sé non può formarsi né svilupparsi, perché non può essere vissuto. Dice Alice Miller che i genitori hanno trovato nel Falso Sé del bambino la conferma che cercavano, un sostituto alla sicurezza che a loro mancava, e il bambino, che non ha potuto costruirsi una propria sicurezza, dipenderà dapprima consciamente poi in modo inconscio dai genitori. Non potendo abbandonarsi a sentimenti propri e non avendone fatto esperienza, egli non conosce i suoi veri bisogni, ed è al massimo grado alienato da sé stesso….anche da adulto dipenderà perennemente dalla conferma delle persone
13 Cramer B. Cosa diventeranno i nostri bambini? Raffaello Cortina Editore
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che rappresentano i “genitori” come il partner, il gruppo e soprattutto i suoi figli. “E’ solo nella terapia che questi sentimenti primari, vengono vissuti per la prima volta in modo cosciente…ecco dischiudersi un’inaspettata ricchezza di vitalità, non si tratta di un rimpatrio, perché non c’era mai stata una patria, ma del a scoperta di una patria” (Miller).
Non sono solo i sentimenti belli, buoni, piacevoli a farci sentire vivi, a conferire profondità alla nostra esistenza e ad assicurarci intuizioni decisive, ma spesso, sono proprio quelli scomodi, non adattati, che preferiremmo evitare: impotenza, vergogna, invidia, gelosia, confusione, rabbia, nello spazio terapeutico questi sentimenti possono essere vissuti, compresi e integrati e come dice Ferro nell’area transizionale diviene possibile condividere, contenere e tenere dentro la fata e il mostro… Vorrei concludere con una poesia letta sul libro di Masud Kha“I Sé nascosti”:
“Esiste un’altra via, se ne avete cuore.
La prima l’ ho descritta in parole note
Poiché l’avete vista, come tutti l’abbiamo,
negli esempi,più o meno, di vite intorno a noi.
Ma l’altra è sconosciuta, perché ci vuol fede:
Voi sapete ben poco finchè non giungete;
Viaggerete cieca. Ma la via sbocca nel possesso
Di quel che voi cercaste fuori strada”. Riferimenti bibliografici
Cramer, B. “Cosa diventeranno i nostri bambini?” Raffaello Cortina EditoreCrocetti, G. “Legami imperfetti” Armando editoreKhan M.M.R. “I Sè nascosti” Bollati BoringhieriMiller, A. “Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero Sé” Bollati BoringhieriMonti, F. “Viaggi di andata e ritorno 0-3 anni” Casa editrice Quattro VentiStern, D. “Diario di un bambino” Casa editrice MondadoriWinnicott, D. “ I bambini e le loro madri” Raffaello Cortina EditoreWinnicott, D. “La distorsione dell’Io in rapporto al Vero ed al Falso Sé” in “Sviluppo affettivo e ambiente” Armando editoreWinnicott, D. “L’intelletto e il suo rapporto con lo psiche-soma” in “Dalla pediatria alla psicoanalisi” Edizioni Martinelli - FirenzeDispensa “Seminario su Winnicott” Crocetti, G. - C.i.ps.ps.i.a. anno 2002Dispensa “Lo psicologo nel a scuola” Agosta, R. – C.i.ps.ps.i.a anno 2002
14 Monti F. Viaggi di andata e ritorno zero- tre anni Casa editrice Quattro venti15 Khan M. I sé nascosti Bollati Boringhieri
Un percorso: dalle origini, al vero e falso sé. Novembre 2003 Dott.ssa Ballanti Chiara
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